Il Paziente Inglese: Evoluzione di SARS-CoV-2 dal ceppo di Wuhan alla variante lombarda a quella inglese. Cosa Succederà ora?

Autori: Alessandro Vitale, Barbara Illi, Duccio Cavalieri.

In questi giorni si sta diffondendo rapidamente in tutta Europa una variante del virus noto come SARS-CoV-2, questa variante isolata per la prima volta da un paziente inglese pone importanti domande a cui proviamo a rispondere:

Cosa è la variante inglese?
La nuova variante, battezzata «B.1.1.7», ha, rispetto al ceppo originario di Wuhan, 17 mutazioni che cambiano o tolgono aminoacidi, in quattro diverse proteine del virus. Otto mutazioni sono nella proteina Spike, proprio quella contro cui sono stati sviluppati i vaccini di BioNtech-Pfizer, Moderna e Astra Zeneca. L’effetto concreto di ognuna delle mutazioni è al momento ignoto, ma sulla base di analisi preliminari tre di queste potrebbero alterare la capacità infettiva: la prima, N501Y potrebbe facilitare il legame del virus alla porta che usa per entrare nelle nostre cellule, il recettore ACE2; la seconda, la delezione 69-70, potrebbe rendere più complicata la diagnosi molecolare (i tamponi); la terza, P681H, potrebbe alterare un sito con un ruolo cruciale nell’infezione.



Ma il virus è mutato?
Che il virus sia in rapida evoluzione però non sorprende. Una mutazione è un errore inserito casualmente quando il virus si duplica. Quanto maggiore è il numero di pazienti, tanto maggiore è il numero di mutazioni che il virus accumula e che si selezionano per essere trasmesse.

I virus a RNA mutano più dei virus a DNA, ma la presenza di una sorta di gomma da cancellare – il cosiddetto “correttore di bozze” - nel genoma dei coronavirus aveva fatto supporre l’introduzione di pochi errori. Per questo spesso il pubblico si è sentito dire che «il virus non è mutato». Tuttavia, le analisi di sequenza effettuate durante la prima ondata dell’infezione hanno evidenziato migliaia di mutazioni emerse indipendentemente.

Almeno 8 di queste mutazioni si sono diffuse con una frequenza non spiegabile casualmente, quindi sono state selezionate durante l’evoluzione del virus. Spike è uno dei geni che mutano di più, soprattutto nella regione che lega ACE2, la “porta” che consente al virus di entrare nelle nostre cellule. Questo è atteso, poiché un virus che ha interesse a propagarsi addotta strategie di “aggancio” al suo ospite sempre migliori.

Ad esempio, la mutazione prevalente in Italia, chiamata D614G, ed emersa in Lombardia a marzo 2020, è associata a cariche virali più elevate rispetto a quelle osservate nel ceppo ancestrale. Da alcune settimane sappiamo però che questa variante, che oggi è quella prevalente in Italia, non aveva raggiunto il limite di diffusione potenziale. Ed ora ecco la notizia della nuova variante inglese.

Nulla in biologia può essere compreso se non alla luce dell’evoluzione, e anche per la pandemia COVID-19 i modelli di biologia evoluzionistica prevedevano un’evoluzione del virus verso una forma più trasmissibile, ma non più letale.


La variante inglese è più pericolosa delle altre?
Ciò che preoccupa di questa variante sono tre elementi: che possa divenire più diffusibile; che possa essere più nociva per la salute; che possa risultare insensibile ai vaccini.
Nel Regno Unito la variante in questione sta aumentando rapidamente in percentuale rispetto a tutte le altre varianti, suggerendo fortemente che sia più diffusibile.
Apparentemente non è più nociva alla salute. È decisamente importante sapere che una delle predizioni è che la letalità del virus dovrebbe lentamente diminuire, aumentando la frazione dei portatori con sintomi lievi, questo perché un virus è un parassita e uno così contagioso non ha alcun interesse ad uccidere il suo ospite. Questo non significa che varianti più dannose non sorgano, ma è prevedibile che scompaiono dopo un tempo non lunghissimo, perché danneggiando in modo grave e velocemente l’ospite rendono meno probabile la loro trasmissione.


E i vaccini?
Sulla base di quello che sappiamo oggi si può sostenere che i vaccini funzioneranno. I vaccini in produzione generano anticorpi contro diverse porzioni della proteina Spike. Ogni proteina esistente ha una sua caratteristica forma tridimensionale, che ne permette il funzionamento ottimale e che espone sulla superficie alcuni siti che possono stimolare la produzione di anticorpi. Proprio perché i siti di Spike che sono “visti” dagli anticorpi sono tanti, è improbabile che singole mutazioni, in porzioni diverse, possano compromettere il legame degli anticorpi al virus.

Dobbiamo preoccuparci?
In conclusione, è giusto seguire con attenzione l’evoluzione di questa variante perché la velocità di trasmissione è probabilmente aumentata. Ma non bisogna allarmarsi eccessivamente. Al momento non ci sono evidenze che causi maggiori danni alla salute o possa compromettere l’efficacia dei vaccini approvati di recente. Di certo è fondamentale costruire un sistema di monitoraggio che non ci dica solo se si è positivi, ma anche a quale variante e come questa si stia diffondendo, acquisendo informazioni essenziali sulle dinamiche evolutive della pandemia.


Per ulteriori approfondimenti:
- COG-UK update on SARS-CoV-2 Spike mutations of special interest. Report 1. Prepared by COG-UK, 19th December 2020
- Covid-19: New coronavirus variant is identified in UK. News Briefing.
BMJ2020;371:m4857. http://dx.doi.org/10.1136/bmj.m4857. Published: 16
December 2020
- European Centre for Disease Prevention and Control. Rapid increase of a SARS-CoV-2 variant with multiple spike protein mutations observed in the United Kingdom – 20 December 2020. ECDC: Stockholm; 2020.

Manifesto dell’unità e della diversità umana

Perché tante persone - docenti, ricercatori, studenti e normali cittadini - hanno voluto dare insieme una testimonianza civile dell'errore sociale, scientifico e culturale e della profonda disumanità del razzismo in ogni sua forma. Perché in un mondo che cambia con una velocità senza precedenti, diventa ogni giorno più urgente riaffermare il principio dell’uguaglianza tra gli esseri umani, nei diritti e nei doveri di un comune destino di cittadini del mondo.

Link: https://sites.google.com/uniroma1.it/ilmanifesto

Leggi articolo di Destro Bisiol et al., Journal of Anthropological Sciences, Vol. 96 (2018), pp. 1-6

Costruiamo ELIXIR -European Infrastructure for biological information-!!!

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Cari colleghi della "Federazione Italiana Scienze della Vita", l'eccezionale sviluppo delle tecnologie high-throughput, particolarmente le piattaforme di sequenziamento di nuova generazione, ha dato un fortissimo impulso alla ricerca e allo sviluppo di applicazioni biotecnologiche in ambito biomedico, ambientale e agroalimentare.

La gestione e l'analisi dei dati prodotti quotidianamente dai laboratori di tutto il mondo non può a sua volta prescindere da adeguate infrastrutture bioinformatiche, la cui realizzazione e gestione va al di là delle possibilità di singole organizzazioni locali o anche nazionali. In tale contesto si sta lavorando alla costruzione di ELIXIR (European Infrastructure for biological information), la cui missione è quella di progettare e implementare un'infrastruttura europea sostenibile per la gestione e l'analisi delle informazioni biologiche, particolarmente quelle nel campo delle scienze "omiche", per sostenere la ricerca scientifica nel settore delle scienze della vita e la sua traslabilità per la medicina, l'ambiente, le imprese biotecnologiche e la società.


In tale scenario è certamente strategica la partecipazione italiana ad ELIXIR. L'Italia ha sottoscritto nel luglio 2012 il Memorandum of Understanding per la partecipazione ad Elixir, e il CNR, per la sua diffusione territoriale e ampiezza di ambiti disciplinari, sta coordinando il nodo italiano attraverso una Joint Research Unit (JRU) che vede la partecipazione di numerose istituzioni accademiche e infrastrutturali. L'auspicio è che venga a breve sottoscritto anche l'Elixir Consortium Agreement (ECA), che sancirebbe la formale adesione dell'Italia a questa grande e fondamentale infrastruttura.

Alla luce di quanto sopra, al fine di fornire agli organi ministeriali una misura quantitativa e qualitativa dell'impatto della bioinformatica nella ricerca di eccellenza a livello nazionale stiamo promuovendo una ricognizione delle pubblicazioni più prestigiose degli ultimi 5 anni che hanno visto il contributo dei bioinformatici italiani.

Vi chiediamo quindi di indicarci i lavori, non solo di carattere esclusivamente bioinformatico, ma anche più in generale nell'ambito della Biologia Cellulare e Molecolare, della Genetica, della Biochimica, o anche altre discipline, che siano stati pubblicati a partire dal 2009 su riviste con Impact Factor maggiore di 7 e/o con numero di citazioni